MARE D'INVERNO

MARE D'INVERNO
Il meraviglioso "Castel Boccale" di Livorno

venerdì 14 settembre 2012

IL MIO NUOVO ROMANZO

LUNGOTEVERE


IL PROLOGO



Camminavo sul Lungotevere Sanzio, fiancheggiando il parapetto che si affacciava sul fiume principale della capitale. La serata era tiepida, quella tipica temperatura che di solito accompagnava l’inizio della primavera romana. Le foglie stormivano leggere sospinte da una lieve e piacevole brezza. Avrei potuto dire che si trattava del “Ponentino”. Ma quello era un vento più per innamorati che per gente con il morale a terra.
            Camminavo lentamente, quasi stessi prendendo la misura ad ogni mio passo. Sembrava volessi farli tutti uguali, uniformando la falcata. Sul marciapiede incrociavo raramente qualche passante. La maggior parte percorreva la parte opposta della strada per poi infilarsi nel cuore di uno dei quartieri storici e più belli di Roma: Trastevere. Da quella parte, infatti, si arriva in poco tempo dalle parti di Piazza Santa Maria in Trastevere. Il fontanile al centro rappresentava da sempre un punto di ritrovo per romani e per stranieri e quasi sempre c’era qualcuno con la chitarra che tirava giù qualche nota per allietare le serate delle persone anche solo di passaggio.
            Superato Ponte Garibaldi che, scavalcando il fiume, andava, da un lato, verso Largo Argentina, dall’altro proseguiva con Viale Trastevere, iniziavo a vedere la parte più bella dell’Isola Tiberina. Erano già alcuni anni che avevano dato una maggiore dignità all’unica isola che noi romani potevamo annoverare nell’antico e storico biondo Tevere. Un’illuminazione ben distribuita metteva in risalto le parti più belle di quello spartiacque naturale sul quale gli avi avevano costruito delle strutture i cui fasti ancora si potevano vedere facendo un giro dell’isola stessa.
            Con il Lungotevere degli Anguillara alle spalle, mi ritrovai a fare i primi passi su Ponte Cestio. Un pavé di sampietrini ed una lunga serie di lampioni in ferro battuto lasciavano un impronta indelebile su chiunque passasse da quelle parti. Luci ed ombre si rincorrevano quasi in una rappresentazione di eventi storici che avevano accompagnato la vita di quella città unica al mondo. Alla fine una piazzetta, usata come parcheggio durante il giorno, per poter accedere, sulla sinistra, all’Ospedale Fatebenefratelli. A destra invece c’era la Chiesa di San Bartolomeo all’Isola.
            Rimasi alcuni istanti a guardarmi attorno. C’era qualche turista che girovagava per l’isola che non si aspettava nel cuore di Roma. Poco più avanti il ristorante della “Sora Lella”, gestito ormai dal figlio, dopo la dipartita di uno dei simboli della romanità più genuina, conosciuta poi da tutti grazie ai film di Carlo Verdone.
            Presi uno stretto viottolo, girando attorno alla chiesa. Ci vollero pochi minuti per trovarmi sul camminamento che faceva da base all’intera isola, ristrutturato interamente anni prima. Tutt’attorno il riflesso delle luci che illuminavano il Lungotevere, con il suo consueto traffico serotino, ed il Ponte Palatino.
            Il rumore delle acque che si agitavano nel loro tortuoso percorso verso il mare, mi dava una strana sensazione. Non era paura e nemmeno timore. Stranamente provavo una particolare attrazione per quelle acque torbide ed agitate, che sin da piccolo mi avevano indotto un grande rispetto per quell’imponente fiume che tagliava in due la mia città.
            Camminavo pensando a tutto quello che avevo vissuto negli ultimi anni. Avvenimenti che non avrei mai immaginato di dover affrontare. La vita incanalata in un verso che, all’improvviso, si trova ad essere completamente ribaltata, come se avessi fatto fare alla mia esistenza più di un giro sulle montagne russe e ne fosse scesa completamente sotto sopra.
            Avevo perso tutto e avevo fatto cose per le quali non ci sarebbe mai stato alcun perdono. La mia vita era stata distrutta senza alcun ritegno. Nessuna pietà per i deboli, meritevoli solo di essere schiacciati da chi si sente più forte. Ed io ero un debole, o almeno lo ero stato per talmente tanto tempo da farlo credere a tutti coloro che in qualche maniera mi conoscevano.
            Continuavo a percorrere il bordo fiume, ascoltando il canto delle acque scure e schiumanti che mi scivolavano così vicino. Mi girai per vedere se ero solo o se c’era qualche altro curioso da quelle parti. In lontananza un figura alta e snella si delineava tra il tenue chiarore dei lampioni che si riflettevano sul fiume. Era un’immagine sbiadita, quasi sfumata, come quelle che si vedono quando ci lacrimano gli occhi. Non si sa mai se ciò che vedi è reale o è l’effetto della momentanea irritazione congiuntivale.
            Mi avvicinai al bordo del Tevere. Decisi di mettermi a sedere ed osservare quel tramestio acquoso, quella buia turbolenza che si manifestava in prossimità di alcune rocce che affioravano lungo il percorso cittadino, quasi in corrispondenza del Ponte Cestio. La figura che avevo visto poco prima non c’era più. Non c’era nessuno. Ero solo. Io ed il biondo Tevere.
            Anche se non volevo pensare a tutto ciò che era stata la mia vita, la mente mi ci conduceva a forza, portando alla luce della coscienza eventi e situazioni che avrei voluto sotterrare con svariati metri di terra. Ma non né ero capace. La mia testa era in balia dei ricordi, per la maggior parte spiacevoli. E l’unica cosa che riusciva ad attenuare questo riemergere di emozioni negative era pensare con grande intensità alle acque scure e gelide del fiume che scorreva rapido vicino ai miei piedi.
            “Pensi che sia la soluzione migliore ai tuoi problemi?”
            Mi girai di scatto per osservare chi avesse parlato.
            Ma non c’era nessuno. Mi guardai attorno, fino al punto dove poco prima avevo visto quella sagoma sbiadita. Ma ero completamente solo. Riuscivo a sentire il rumore delle automobili che percorrevano le strade pochi metri sopra la mia testa. Ma nessun chiacchiericcio. Era stato tutto frutto della mia già alterata mente. Una fantasia distorta dai rimorsi e dai rimpianti.
            Ed il Tevere scorreva sempre lì, mormorando come in attesa del suo tributo.
            “Non è scappando che risolvi le cose!”
            “Chi diavolo sei?” dissi ad alta voce. Questa volta ero certo che non si trattasse di un’allucinazione acustica. C’era qualcuno, e quella persona ce l’aveva proprio con me. Non sapevo chi potesse essere, ma sembrava essere a conoscenza di tante cose sul mio conto.
            “Chi sei? Fatti vedere!” chiesi ancora, certo che non avrei ricevuto alcuna risposta. Non riuscivo a vedere nessuno. Ma quella voce parlava come se mi conoscesse da parecchio tempo.
            Sembrava sapesse quali fossero i miei pensieri e le mie intenzioni. Ed oltre me era l’unico.
            “Come al solito continui a scappare!”
            “Adesso basta. Fatti vedere o falla finita!” dissi, quasi urlando verso il nulla, verso il buio di quell’isola che palpitava nel cuore di Roma.
            Niente. Nessuna risposta. Stavo impazzendo. Mi voltai verso quelle acque torbide che sembravano aspettarmi e mi feci vicino al bordo del fiume. Avevo gli occhi fissi in un punto dove si formavano dei gorghi. Pensavo alla vita che avevo fatto finta di vivere. Non avevo paura della morte. Avevo vissuto spaventato dalla vita e adesso mi rendevo conto che le cose più importanti mi avevano solamente sfiorato. In realtà non avevo vissuto, troppo preoccupato di ciò che avrei potuto dover combattere. Le difficoltà ed i problemi li avevo scansati piuttosto che affrontarli.
            Avevo sprecato la mia esistenza e tanto valeva porre il giusto rimedio!


lunedì 10 settembre 2012

DEAN KOONTZ: UNA PIACEVOLE SCOPERTA

TRA THRILLER E HORROR




I morti non parlano, ma tentano di comunicare. Di questo Odd Thomas, cuoco nel fast food di una piccola cittadina del deserto californiano, ha l'assoluta certezza. Odd ha un dono speciale: spesso riesce a vedere delle ombre, silenziose anime perse che tentano di comunicare con lui. A volte vogliono ottenere giustizia e spesso hanno fornito indizi utili a risolvere alcuni crimini o a prevenirne altri. Ma questa volta la situazione è diversa. Un uomo misterioso è giunto in città e Odd vede intorno a lui le ombre più sinistre che gli sia mai capitato di intravedere. Neanche i suoi ultraterreni informatori riescono a scoprire nulla sull'identità dell'uomo. L'unico indizio è una data segnata sul calendario: il 15 agosto. E oggi è il 14...

Un libro comperato solo per curiosità si è rivelato un ottimo acquisto. Uno scrittore con uno stile semplice, capace di narrare in prima persona, e di portare l'immagine del lettore al posto del protagonista della storia narrata in questo romanzo eclettico.
Un misto di tensione, fantasy, horror ed esoterismo, in una storia che si lascia leggere con grande passione e semplicità.
Una storia che affronta questioni che per molti di noi rappresentano dei grandi punti interrogativi, senza dare soluzioni, ma solo spunti di riflessione. Inquietante e divertente allo stesso tempo, Dean Koontz entra di forza nel novero dei miei autori selezionati.
Da leggere

venerdì 7 settembre 2012

LA MANO TAGLIATA

PRESTON - CHILD



Dopo il romanzo "L'isola della follia" questa fantastica coppia di scrittori, tira fuori dal cilindro un romanzo veramente straordinario.
Un thriller ricco di tensione, suspence ed emozioni. Una trama congegnata alla perfezione, con il solito personaggio "cult" l'agente speciale "Aloysius Pendergast" e l'agente Vincent D'Agosta.
In questo romanzo gli autori fanno un passo indietro nella vita del personaggio principale, quando la moglie di Pendergast era rimasta uccisa durante una battuta di caccia in Africa.
I colpi di scena sono continui e risulta difficile riuscire a staccarsi dalle pagine del romanzo.
Il finale è tutta una sorpresa e lascia spazio ad un altro romanzo che, in tutta onestà, non so se è stato già scritto o se dobbiamo attendere.
Da leggere per gli amanti del thriller